Faire des chateaux en Espagne. Ovvero: fare castelli in aria, immaginare progetti irrealizzabili e porsi come sfide chimere che sanno di utopia più che di cose con solide basi. Non siamo in Spagna ma in Svizzera, eppure a leggere Il castello nel cassetto (L’Orma, 2021) di Katharina von Arx il nesso con il noto modo di dire diventa pagina dopo pagina più nitido, tra una risata e un sospiro d’ansia insieme ai protagonisti. Nota reporter giramondo (la sua fama si deve a La viaggiatrice leggera, il resoconto di viaggio dove, con piglio frizzante e ironico, descrive il suo viaggio intorno al globo in tempi – gli anni Cinquanta – in cui un tour del genere per una ragazza sola era impensabile), in Il castello nel cassetto racconta un’altra storia vera: la decisione sua e della sua famiglia di metter finalmente su casa.

Un progetto con solide basi concrete, sembrerebbe. Non fosse che la suddetta casa si rivelerà essere un castello svizzero diroccato. L’acquisto e il successivo apparentemente infinito restauro danno vita a un susseguirsi di vicende spassosissime che costituisce l’anima di questa narrazione. Un romanzo che ha un curioso gancio con il reale, perché il castello nel cassetto di Katharina von Arx esiste davvero e può essere visitato.

Romainmôtier ©Leemburg-CH, su Wikicommons

Cercando casa a zonzo per l’Europa

Cronaca autobiografica, seppure romanzata, prima di approdare al castello svizzero di Romainmôtier, Il castello nel cassetto permette al lettore di girovagare un po’ per l’Europa sulle tracce della giovinezza della scrittrice e delle sue case. Si parte da una villetta a Zurigo e si approda dapprima a Vienna, nel casermone che ospita la von Arx studentessa e in una decadente abitazione barocca che condivide con una principessa. Si arriva poi in Tirolo, dove la nostra eroina sceglie di vivere in una spoglia e disagevole baita nella Valle di Alpbach. La vita sui monti è piuttosto difficile, specie quando, dopo un viaggio in Guinea, la nostra conosce il futuro marito, lo scrittore e giornalista Freddy. Proprio durante l’attesa della loro bambina, i due si trasferiscono a Parigi dove la vita continua a non premiare i loro sogni di scrittori e non garantire a nessuno dei due lo stipendio fisso a fine mese. Ecco l’idea, del tutto visionaria come apparirà presto evidente: cercare una casa antica, magari da ristrutturare e con un po’ di terreno.

Senza impieghi solidi, senza certezze, ma con una smisurata voglia di affrontare la vita, i due sentono di essere all’altezza di una casa che possa fare da cornice alla scelta di mettere da parte la vita da nomadi cara a entrambi. Siamo nel 1959: stregati dalla sua atmosfera medievale e da una colonna che fa scattare il colpo di fulmine, scelgono infine la Svizzera francese e, privi della disponibilità economica e della coscienza dell’impegno gravoso che gestire un edificio del genere potrà comportare, acquistano un castello a Romainmôtier.

 “Girovagare era stato bello, in due. Adesso però eravamo in tre, e dovevamo fermarci. In questi casi di solito le persone normali si cercano un appartamento. Noi non avevamo questa scelta, perché con le nostre paghe imprevedibili e altalenanti non ce lo potevamo permettere. Al massimo, potevamo prenderci un castello”.

Scoprendo Romainmôtier e i suoi tesori

Siamo nel cantone di Vaud: capitale della “piccola Borgogna” a metà strada tra Borgogna e Savoia, Romainmôtier è oggi parte del comune di Romainmôtier-Envy, sito di grande interesse storico-artistico perché sede di un’antica abbazia cluniacense di età romanica. Un monumento-gioiello che racconta un’importante pagina medievale e permette al paesino, che conta poco più di 500 abitanti, di essere incluso nella rete dei siti cluniacensi europei.

L’abbazia fu eretta tra il 900 e il Mille sulle rovine di un convento ancora precedente, del V secolo, come avranno modo di scoprire Katharina e Freddy. Riconosciuta come il più antico monumento della Svizzera di età romanica, l’abbazia ebbe secoli di gloriosa storia fino al 1500 e all’arrivo della riforma protestante, che segnò il suo tramonto: seguì un periodo di abbandono e distruzione prima della riscoperta e successiva valorizzazione. La stessa sorte del castello o meglio, come si scoprirà, del palazzo fatto costruire dal priore Jean de Juys nel XIII secolo proprio a fianco all’abbazia. Forte del restauro di cui racconta la von Arx, questo posto è oggi un altro piccolo patrimonio culturale da scoprire con le sue sontuose sale, i dipinti, i grandi camini e le volte a cassettoni.

L’abbazia di Romainmôtier ©Sofia Layla Thal, su Pixabay

Il castello-Casa del Priore di Romainmôtier non assomiglia propriamente a una casa, come è evidente, ma non è nemmeno la dimora regale che si potrebbe immaginare. Quando i nuovi proprietari vi entrano è una vera e propria rovina, addossata all’abbazia e ormai dimenticata da tutti, abitanti inclusi, che da subito guardano con un certo sospetto i due stravaganti giovani. Nessuno sa spiegarsi come sia venuto loro in mente di scegliere proprio quell’edificio che, tra aspetto, inagibilità parziale e problematiche edilizie e burocratiche, risulta decisamente inospitale. Grazie all’imperituro ottimismo e a una forza d’animo incredibili che li legano al luogo, la von Arx e il compagno salpano per una vicenda gustosissima che li vedrà per ben sette anni coinvolti in un perenne processo di restauro, riparazione, invenzione di strategie, soluzione di intoppi con muri, tramezzi, finestre, belle arti e personaggi davvero divertente. Almeno per il lettore!

Cronaca semiseria di un restauro

“Cos’è un romanzo rispetto al restauro di un castello?” si domanda l’autrice. L’interrogativo è legittimo e mette spalle al muro qualsiasi scrittore pessimista, visto il numero di sbagli, contrattempi, problemi e disastri che si srotolano a ritmo di commedia nella vicenda che vede Katharina e Freddy coinvolti nella compravendita e nella sistemazione di quella che diventerà la Casa del Priore. Tra la palude di beghe burocratiche e la perenne assenza di capitali, necessari in quantità per provvedere a tutte le legittime richieste delle Belle arti in materia di restauro e vincoli annessi e connessi, i lavori sembrano infiniti e portano a una soluzione incredibile ma del tutto verificabile recandosi a Romainmôtier oggi.

L’enorme progetto di restauro scaturito dalle indagini degli architetti, degli storici e degli archeologi che gli scrittori si vedono piombare in casa non svela infatti solo il valore della Casa del Priore, ma ridesta l’ingegno. Quando l’edificio viene dichiarato monumento nazionale e il conto delle spese da pagare per riportarlo al nuovo si fa sempre più salato, dal buco nero dei debiti scatta l’idea. Come ottenere soldi se non si hanno sul conto? Dapprima affittando le stanze per feste e ricevimenti, e poi iniziando a chiedere sovvenzioni e finanziamenti, fino a costruire una specifica Fondazione orientata alla valorizzazione dell’edificio, al suo restauro, tutela e successivo inserimento in un circuito turistico in grado di dare un po’ di ritorno economico al borgo. Sembra un’idea moderna, perché in effetti lo è, anche se ad averla fu la von Arx negli anni Sessanta.

Un turismo per camminatori e…sognatori

La forza dell’accanimento e la magia dei sogni ha avuto un felice ritorno: dopo la morte della von Arx nel 2013, oggi la Casa del Priore è monumento nazionale, contiene un piccolo museo e, dal 2019, il Café le Prieur, ed è ancora disponibile per feste e banchetti. Il recupero ha permesso di farla ritornare un po’ al suo spirito originale, quello di “albergo” inserito nel crocevia dei cammini europei di epoca medievale, pensione per aristocratici e alti prelati. Romainmôtier, non a caso, fa parte di una rete di turismo “lento” che la vede parte di vari itinerari culturali riconosciuti dal Consiglio d’Europa (che ne dite di esplorarli? C’è anche la via degli scrittori!): i siti cluniacensi, la Via Francigena, il Cammino di Santiago.

©maisonduprieur.ch

Itinerari spirituali per pellegrini, ma anche per tutti quei turisti rispettosi delle dimensioni contenute del luogo e del suo spirito. Se oggi Romainmôtier è diventata un piccolo ma vivace centro turistico, un po’ di merito va dunque anche alla straordinaria vicenda di Katharina von Arx e alla sua tenacia nel non dimenticare un sogno chiuso dentro un cassetto!

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