Se esiste un ponte che idealmente collega l’Irlanda con il Giappone, allora non può che trovarsi a Tramore, un paesino lungo la costa orientale irlandese, tra Dublino e Cork. Sonnacchioso d’inverno, si ravviva d’estate calamitando bagnanti sul suo ampio arenile di sabbia dorata.

È in questa località che si svela, in modo del tutto inaspettato, un giardino giapponese. Più precisamente i Lafcadio Hearn Japanese Gardens.

Di Patrick Lafcadio Hearn ho parlato in un altro articolo. È noto perché fu il primo alla fine dell’Ottocento a far conoscere a un pubblico occidentale i racconti del folklore giapponese, una terra all’epoca remotissima che affascinava col suo esotismo.

Lafcadio ebbe una vita avventurosa: nato in Grecia, visse l’infanzia e l’adolescenza a Dublino con la zia paterna dopo essere stato abbandonato dai genitori. A 19 anni si trasferì negli Stati Uniti, divenne giornalista e poi colse al volo l’occasione della vita: nel 1890 fu mandato come corrispondente in Giappone, un paese misterioso che per secoli – a causa della politica di isolamento del sakoku – aveva tagliato i contatti con (quasi tutto) il resto del mondo. Da qui Lafcadio iniziò raccogliere le storie del folklore giapponese, spesso tramandate oralmente, racconti che continuano ad appassionare ancora oggi: Glimpse of Unfamiliar Japan (1894) e Kwaidan (1904) le raccolte più famose. Si sposò con la figlia di un ex samurai, insegnò all’università Tōdai e cambiò persino nome: divenne Koizumi Yakumo. Trascorse gli ultimi 14 anni della sua vita in Giappone, dove morì e fu primo occidentale a cui fu riservata cerimonia buddhista. Dopo aver vagato per una vita intera, spiantato, senza radici né legami affettivi, in Giappone finalmente aveva trovato un luogo da chiamare casa.

Ingresso ai Lafcadio Hearn Japanese Gardens ©turismoletterario.com

Lafcadio in Irlanda

Ma tornando in Irlanda, perché un giardino giapponese a Tramore?

Da ragazzo Lafcadio trascorreva le estati a Tramore con la zia paterna Sarah Brenane che veniva a far visita a una amica.

Proprio qui Lafcadio sviluppò l’amore per il mare, imparò a nuotare e trascorreva il tempo ascoltando dai pescatori storie di tempeste, naufragi e creature marine. A Tramore trascorse i giorni più felici della sua infanzia, ma non senza una nota di mestizia: è sempre qui che che all’età di 7 anni, vide per l’ultima volta suo padre.

Come tutte le storie degne d’essere raccontate, qualche anno fa si decise di rendere omaggio a questo frequentatore di Tramore per farne conoscere la storia e il profondo legame con l’Irlanda. L’idea era nata del pronipote di Lafcadio, Bon Koizumi, che venuto a Tramore in visita alla tomba di Sarah Brenane (zia paterna di Lafcadio), aveva proposto di creare un giardino per commemorare l’antenato, ma non solo: intendeva offrire uno spazio dove fornire una tregua temporanea dalla complessità della vita quotidiana. Lo spunto fu accolto dall’amministrazione locale e il giardino inaugurato nel 2015.

Il giardino giapponese è stato creato con l’aiuto di un giardiniere di Kyōto e riassume le fasi della vita di Lafcadio, dalla Grecia all’Irlanda, dagli Stati Uniti al Giappone. Ciascuna fase è rappresentata con piante provenienti dai luoghi in cui ha vissuto, che si alternano a composizioni simboliche di pietre, tipiche del giardino giapponese, dal significato metaforico spiegato di volta in volta nei vari pannelli.

Lafcadio Hearn Japanese Gardens ©turismoletterario.com

Piante e alberi da tutto il mondo

Così si passeggia dal Victorian Garden, in ricordo della sua infanzia irlandese, al Transition Garden, che rappresenta gli anni di studio in Inghilterra, e si attraversa poi l’American Garden, a testimonianza del viaggio che lo portò a 19 anni in Ohio, in cerca di lavoro.

Il Greek Garden, tra pini e piante mediterranee, è un ricordo delle origini dello scrittore. Si notano subito un olivo e, ai suoi piedi, un pozzo: due elementi che riconducono all’origine mitica di Atene, ossia alla disputa vinta da Atena su Poseidone.

Si passa poi a una serie di aree dedicate agli anni giapponesi di Lafcadio: una piccola sorgente d’acqua tra le rocce rappresenta il significato del nome giapponese che assunse (Koizumi, “piccola sorgente”, era il cognome della moglie). Ma più vistosa è la Casa da tè (ochaya), rustica e di dimensioni ridotte, interamente realizzata con materiali naturali: cedro, bambù, oltre ai tradizionali shōji, rivestiti in carta di riso. Intorno, il Tea Garden, con una ishidōrō (lanterna di pietra) e l’immancabile tsukubai, il bacino d’acqua il cui getto è alimentato da una canna di bambù, che consente ai partecipanti alla cerimonia del tè di purificarsi. Anche questo è un riferimento alla profonda conoscenza che Lafcadio aveva del Giappone: documentò infatti nei suoi scritti questo rito ed era costantemente affascinato dall’influenza dello shintoismo e del buddhismo nella vita quotidiana giapponese.

Tsukubai e ishidōrō ©turismoletterario.com

Nello Stream Garden l’acqua scorre attraverso due composizioni realizzate con le rocce, entrambe dal significato simbolico. Il primo rappresenta la grotta di una leggenda narrata anche da Lafcadio. Si riferisce alla grotta Kyūkukedo (o Kaka no Kukedo) a Kaga, presso la città di Matsue, dove secondo la credenza si riuniscono le anime dei bambini morti in tenera età, di cui si prende cura il bodhisattva Jizō.

L’altro affioramento roccioso rappresenta la storia di Urashima Tarō: un pescatore che soccorre una tartaruga e viene ricompensato con una visita al Ryūgū-jō, il Palazzo sottomarino del dio drago del mare, che poi si scopre essere la terra della giovinezza eterna. La similitudine col mito celtico di Oisín che fa visita al Tír na nÓg, la “Terra del giovane eterno”, è evidente e Lafcadio l’avrà sicuramente notata.

Ma questo non è l’unico punto di contatto con il folklore celtico presente in questo giardino. A uno sguardo più attento non sfuggiranno le piccole casette adagiate ai tronchi degli alberi, sparse qua e là, dove vivono le fate, secondo le leggende di questi luoghi. Un modo per omaggiare ancora una volta la passione di Lafcadio per le storie di magia e del folklore, da qualsiasi parte del mondo esse provengano.

Nel Woodland Garden, un sentiero si snoda attraverso un boschetto, tra specie autoctone e alberi provenienti dal Giappone, tra cui ciliegi, aceri, bambù e gruppi di Fatsia japonica che si trovavano anche nel giardino di Lafcadio a Matsue.

La sezione Gardens of Peace & Harmony rappresenta la felicità della vita familiare che Lafcadio raggiunse in Giappone. I laghetti, alimentati da una cascatella tra massi ricoperti di azalee, ricordano una leggenda giapponese raccontata dallo scrittore in The Fountain of Youth: quella del laghetto nella foresta la cui acqua faceva ringiovanire.

È qui che sorge una degli edifici più preziosi del giardino: un azumaya, ossia “padiglione estivo”, piccola oasi di piace ispirata all’architettura del castello di Karatsu nel Kyūshū, ma interamente costruita in Irlanda rispettando le tecniche di costruzione giapponese. Il laghetto su cui si affaccia è bordato di camelie, agapanthus, enkianthus e altre specie.

Azumaya ©turismoletterario.com

Dove il Giappone si intreccia all’Irlanda

Essendo stati realizzati con la collaborazione di un giardiniere di Kyōto, è chiaro che questi giardini riproducono minuziosamente l’estetica e le idee filosofiche del giardino tradizionale giapponese. È una cosa che si percepisce anche nei piccoli dettagli.

Per esempio c’è una pietra rotonda, legata con un cordino nero, adagiata su un sentiero. È una tome ishi, “pietra di sosta” (o sekimori ishi, “pietra di confine”). Ha una storia antica che forse risale al maestro del tè Sen no Rikyū e raccontata nell’opera Nanpōroku, ma semplificando rappresenta un confine inviolabile. Usata nei templi, nei giardini, davanti ai ristoranti tradizionali o alle case da tè ha uno scopo pratico (ossia segnalare con gentilezza che l’accesso non è consentito) e talvolta è anche metafora della ricerca del percorso spirituale.

È affascinante così notare come questi elementi della cultura giapponese qui nel giardino si intrecciano con il folklore locale. Per esempio, si scorgono qua e là un capriolo che emerge da una roccia e dei coniglietti tipici dell’iconografia giapponese, che sembrano evocare un mondo incantato di creature silvane e folletti.

E infatti, poco oltre ecco delle minuscole casette in legno, adagiate ai tronchi degli alberi. Chi si è mai avventurato nei boschi irlandesi potrebbe averle già viste. Secondo la tradizione sono le case dove vivono le fate. Sembra quasi un invito a percepire la presenza del sidhe, “il popolo fatato” in gaelico, e a cercarlo tra i fruscii del vento o nelle cavità degli alberi. E questa commistione tra cultura giapponese e del folklore celtico uno come Lafcadio Hearn l’avrebbe sicuramente adorata.

Tome ishi e casetta delle fate ©turismoletterario.com

A chiudere il percorso nel giardino giardino c’è la sezione Journey’s End, un piccolo karesansui, ossia un giardino zen “secco”, con pietre rastrellate e una roccia al centro. Vicino, un bassorilievo che raffigura lo scrittore e alle sue spalle si apre in lontananza la distesa sabbiosa della baia di Tramore. Immutabile se scorta dalla distanza eppure incessantemente spazzata dalle onde: inesorabile memento della costante mutevolezza di tutto ciò che ci circonda.

Informazioni utili

L’ingresso è a pagamento. Sito: lafcadiohearngardens.com

Come arrivare. In autobus, Tramore è collegata a Waterford con la linea 40 di Bus Éireann. Ci sono anche collegamenti diretti meno frequenti con Dublino, serviti dalla linea 736 di JJ Kavanagh & Sons.

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