[…] se si vuole godere della città proprio come chi l’abita, è necessario avere la pazienza di crearsi una mappa personale, perché Genova è un’idea, e ogni persona ha la propria, costruita nel tempo e nello spazio.”

Genova fuori rotta, E. Garbarino, M. Surace

Genova fuori rotta (2023) è l’ultimo volume de “Le città invisibili”, una collana edita da Bottega Errante Edizioni che racconta le città in chiave narrativa. Le autrici, Elena Garbarino e Mara Surace, sono due antropologhe genovesi che qui propongono una passeggiata sentimentale tra le strade, le persone, le storie e gli umori di Genova.

A colpire è la costruzione originale della guida: imprevedibile e irregolare come il tessuto urbano della città, dove il lettore può seguire una direzione di lettura lineare oppure scegliere un proprio percorso tra i vari capitoli (quali strade imboccare, quali storie ascoltare). Ricorda un po’ un libro game: alla fine di ogni capitolo siamo invitati ad andare a una pagina anziché a un’altra, non necessariamente quella seguente, seguendo il flusso delle nostre scelte e suggestioni sul momento.

Si finisce così per zigzagare tra le pagine: si va avanti, si torna indietro, poi si fa di nuovo un salto di 10, 20 pagine: del resto, “la linearità di un ordine ai capitoli non può integrarsi con l’irregolarità di Genova”.

Ci ritroviamo dunque a ricalcolare costantemente il percorso di lettura, seguendo un nostro personale “rebigo”, parola dialettale che significa “tortuoso” e per estensione una deviazione rispetto a un itinerario definito. Ed è del tutto coerente con l’anima di Genova perché, come dicono le autrici, “la città incide sul modo di vedere e pensare il proprio mondo”. Di “rebigo” se ne trovano tanti che si staccano dai vicoli alle spalle del Porto antico e invitano a imboccarli stuzzicando in noi l’esplorazione dell’ignoto.

Sui contenuti, la guida attraversa le fasi della storia recente (le cicatrici mal ricucite come il G8, il ponte Morandi o l’alluvione del 4 novembre 2011) e abbraccia varie forme narrative: dal racconto autobiografico in prima persona – l’aneddoto personale ricorre spesso nel descrivere alcuni luoghi – a dialoghi immaginari (quello tra le statue sulla cattedrale di San Lorenzo) e fiabe (come la pungente critica al G8 del 2001).

Si alternano poi squarci di vita quotidiana, incontri fugaci, personaggi più o meno noti, come l’artista Roberto Maini, “voce sprezzante della città”, o il tizio che frequenta abitualmente il parco di Villa Imperiale, altresì detto “il signore del tempo” per i puntuali commenti sulle condizioni climatiche. Ci sono luoghi che emergono più di altri: la Lanterna, simbolo cittadino modesto e schivo; il CEP di Prà, essenza della periferia; l’affascinante cremagliera retrò da piazza Principe a Granarolo; il popoloso quartiere di Sampierdarena, custode di memorie della Resistenza.

E poi, tante voci, tra cui quelle dei giovani rapper, in perenne bilico tra distacco e confronto con la tradizione della gloriosa scuola genovese, fino agli scrittori, a cui è dedicato un capitolo. Molti di essi hanno preferito rappresentare la sfuggente Genova in poesia, attraverso la struttura verticale dei versi, così irregolari e suscettibili di molteplici interpretazioni, offrendo un facile terreno di scontro tra le antitesi che la città incarna. Tra tutti gli scrittori legati a Genova sono evocati Giorgio Caproni, Albert Camus e Paul Valéry (che alla città deve una personale epifania come artista), i quali ribadiscono ancora una volta la natura duplice, “gianesca”, di Genova (che secondo una leggenda fu fondata dal dio romano Giano).

Un intero capitolo, infine, non può che celebrare Fernanda Pivano, esploratrice di mondi letterari, intrepida traduttrice che sfida la censura fascista, aperta al mondo ma sempre in grado di rimanere sulle sue, per sua stessa ammissione contraddittoria e abitatrice di opposti. Come la sua città.

Sulla facciata della cattedrale di San Lorenzo, la statua del cane dice a quella dell’arrotino:

“A Genova non interessa mostrarsi per quello che è, ma si compiace nel farsi abitare da gente chiusa, tirchia, altezzosa. A chi viene da fuori raccontiamo storie inventate, di santi e divinità, ci mostriamo città come tutte le altre e nascondiamo ciò che davvero conta, le fragilità, le pendenze e la sgangheratezza, per la smania di non mostrare alcuna vulnerabilità.”

Genova fuori rotta, E. Garbarino, M. Surace

Quindi, sembrano avvertire le autrici, non lasciatevi fregare dalle apparenze. Cogliete l’invito a esplorare questa città lasciando a casa linee rette e tappe programmate, aperti alle suggestioni e all’imprevedibilità dell’esplorazione. Qui siamo di fronte a una città mai incasellabile, che si offre a piccoli pezzi, ma della quale, amalgamando anche le varie suggestioni offerte da questa guida sentimentale, possiamo ricreare un nostro personale puzzle, pur certi che alla fine qualche sfuggente tassello lascerà comunque il quadro incompleto.