Quello di Henry James per Venezia fu un amore a prima vista che non si affievolì nel tempo, tutt’altro. A ogni ritorno quella città suscitava in lui un rinnovato fascino: furono infatti quattordici le visite, tra gli anni 1869 e 1907, e altrettante opere tra romanzi, saggi e racconti, a cui la città lagunare fa (in parte o completamente) da sfondo.

In Compagni di viaggio (1869), scritto seguendo le note raccolte durante il suo primo viaggio italiano, Venezia fa semplicemente da splendida ambientazione alla vicenda principale, con l’unica descrizione nella sua narrativa che Henry James farà della Basilica di San Marco.

“All’interno della chiesa, le masse di profonda ombra bruna, la pesante atmosfera dalla tinta intensa, la splendida oscurità composita, regnavano in una melanconia più ricca, più strana, più fantastica di quanto la mia debole penna possa render l’idea. […] dall’oro cupo e dal delicato alabastro, dal pofido e dalla malachite, dal cristallo da tempo spento e dallo scintillio di lampade perennemente accese, procede una densa e ricca atmosfera di splendore e di santità che trasporta il viaggiatore semi-attonito in una età di fede più semplice e più ricca di sacrale suggestione. Mi aggirai per una mezz’ora sotto quelle coppe rovesciate di tenebra scintillante, inciampando sui gran rigonfiamenti del lastricato di pietra mentre fissavo lo sguardo in alto, verso i lunghi santi in mosaico che s’inchinano giganteschi con la curva della cupola e del soffitto. Avevo lasciato l’Europa; ero in Oriente.”

Soltanto sei sono invece le pagine dedicate a Venezia in La principessa Casamassima, tuttavia rappresenta il perno dell’intera vicenda: il protagonista, Hyacinth Robinson, soggiogato dalla città emblema di massima bellezza e raffinatezza, trova in essa la sua vera ragione di vita che lo porterà alla decisione di sfuggire alla sua missione – uccidere un oppositore politico – preferendo suicidarsi.

Ne Il Carteggio Aspern, opera completamente ambientata nella città lagunare, vengono evocati non solo scorci e costumi veneziani, ma anche la sua atmosfera decadente, che pervade tutto il romanzo e che assume un ruolo simbolico fondamentale. Il protagonista, giovane studioso ossessionato dalla ricerca di alcuni documenti appartenuto al poeta Jeffrey Aspern, prende in affitto una stanza nel vecchio palazzo dove vive Juliana Bordereau, donna amata da Aspern in vita e custode gelosa dei suoi vecchi documenti, con sua nipote Tina. Venezia si riflette sul volto dell’anziana donna, che dall’eleganza e bellezza del passato è ormai divenuta un “teschio ghignante”, immagine della decadenza che si proietta sulla città stessa; ma diviene anche rappresentazione degli stati d’animo del protagonista, con il suo intrico di strade maleodoranti, che riflettono il nevrotico groviglio dei suoi pensieri.
Certamente però non mancano le descrizioni degli splendidi scorci di Venezia: celebre il passo della gita in gondola sul Canal Grande, dove la bellezza e il fascino della città suscitano una profonda suggestione in Miss Tina, che si abbandona alla contemplazione estatica.

“Nel giro di cinque minuti sboccammo in Canal Grande; e a questo punto emise un mormorio d’estasi non meno spontaneo che se fosse stata una turista appena arrivata. S’era dimenticata di quanto apparisse splendida quella gran via d’acqua in una chiara sera d’estate, di come il senso di galleggiare tra i palazzi di marmo e luci riflesse disponesse la mente alla libertà, all’agio. Andammo a lungo e lontano sull’acqua, e benché la mia amica non esprimesse ad alta voce la propria contentezza, ero certo del suo pieno cedimento. Era più che contenta, era rapita; tutto l’insieme era per lei una liberazione immensa. La gondola si muoveva a colpi lenti, per darle il tempo di goderne, e lei ascoltava come fosse una rivelazione di Venezia il tonfo dei remi, che si faceva più forte e più musicalmente liquido quando entravamo nei canali stretti.”

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Così come ne Il carteggio Aspern, anche nel racconto L’allievo, lo sfondo veneziano si fonde e forma tutt’uno con l’intreccio della storia: Venezia farà da eco agli stati d’animo dei protagonisti e la pioggia cadrà quando le speranze si riveleranno illusioni.

In Lo chaperon, invece, la città non è mai vistosamente in scena, ma se ne assapora l’atmosfera che influenza la vita sociale, descritta in luoghi che vengono appena accennati: il Caffè Florian, Canal Grande, la chiesa di San Giovanni in Bragora. Una Venezia come  vero e proprio elemento letterario, che si tramuta in luogo onirico in Le ali della colomba, uno degli ultimi romanzi di Henry James, scritto nella fase più matura dello scrittore: Milly Theale, protagonista della vicenda, è l’emblema umano di una città un tempo fulgida e splendente, ma ormai in rovina.

Infine i numerosi resoconti di viaggio, scritti in forma di saggio, dove Henry James racconta la sua Venezia con un entusiasmo che, dalla prima fino all’ultima visita, non si spegne mai. Le passeggiate in Piazza San Marco, le soste al Caffè Florian  da dove osserva lo spettacolo della vita veneziana, le gite in gondola affascinato dal movimento delle imbarcazioni e dalla prestanza fisica dei gondolieri:

“Nulla può essere più bello del piglio ampio e fermo con cui, dalla loro posizione favorevole, si gettano sull’immenso remo. Ha una baldanza di un uccello che si tuffa e la regolarità di un pendolo”

Infine, James realizzerà anche il desiderio di vivere in città da residente. Verrà ospitato dai Curtis presso Palazzo Barbaro, che riapparirà con il nome di Palazzo Leporelli in Le ali della colomba, alla cui protagonista farà dire:

“A Venezia, per favore, se è possibile, niente orribili, volgari alberghi: ma se appena è fattibile, alcune belle vecchie stanze, del tutto indipendenti per un po’ di mesi […] parte di un palazzo, storico e pittoresco…”

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