Tra le città che affiorano subito nei nostri pensieri quando parliamo di Carnevale c’è senz’altro Venezia, dove questa tradizione e i suoi riti hanno una storia antichissima.

Un suo celebre cittadino scrisse a proposito del Carnevale:

La stagion del Carnevale
tutto il mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carneval fa rallegrar.

Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s’impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.

Qua la moglie e là il marito,
ognun va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.

Par che ognun di Carnevale
a suo modo possa far;
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.

Viva dunque il Carnevale,
che diletti ci suol dar.
Carneval che tanto vale,
che fa i cuori giubilar.

Questo componimento, tratto dalla commedia La mascherata del 1751, fu scritto da Carlo Goldoni, il drammaturgo che con la sua opera rivoluzionò la Commedia dell’Arte, quel teatro improvvisato che aveva dato origine alle maschere stereotipate di Arlecchino, Pulcinella, Colombina, Pantalone, Balanzone, Brighella, Stenterello, Gianduja, etc, che ancora oggi animano il Carnevale italiano tradizionale.

Il modello della Commedia dell’Arte era nato nel Cinquecento e consisteva in un canovaccio (ovvero gli elementi base della trama) sul quale le maschere improvvisavano lo spettacolo rimanendo fedeli al carattere stereotipato del loro personaggio (Arlecchino è il servo imbroglione, Balanzone il dottore presuntuoso, Colombina la servetta maliziosa…).
Agli inizi del Settecento però, questo tipo di teatro era diventato un modello ormai in declino e non riusciva più a farsi interprete dei gusti della società contemporanea. Fu a questo punto che entrò in scena Goldoni, il quale eliminò progressivamente le maschere per dare vita a personaggi realistici in cui soprattutto i ceti medi potessero identificarsi.

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Ma non è questa la sede per parlare di storia del teatro.
Incamminiamoci dunque sui passi del nostro scrittore per le strade di Venezia.

Casa di Carlo Goldoni

Goldoni visse a Venezia quasi una trentina di anni, ma in modo discontinuo. Qui nacque il 25 febbraio 1707 e la sua casa natale fu Palazzo Centani (o Zentani), oggi museo “Casa di Carlo Goldoni”, dove visse fino all’età di 12 anni.

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Il museo è allestito sostanzialmente in tre stanze al primo piano (la ricca biblioteca al secondo piano non è accessibile ai visitatori), quindi il biglietto di ingresso (intero 5 €) può sembrare un po’ costoso rispetto a quanto il museo non offra realmente (con il Museum Pass invece si può entrare gratuitamente).

Nella corte al piano terra si trova un tavolo con la riproduzione della topografia veneziana del Settecento, mettendo in risalto le (almeno) nove case in cui visse Goldoni e i teatri della sua epoca. Colpisce inoltre la bella scala esterna.

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Salendo al primo piano, si ha modo di approfondire le opere teatrali del drammaturgo: il portego, ovvero il salone da ricevimento, è dedicato ad alcuni nuclei tematici attorno ai quali ruota il teatro di Goldoni, con riproduzioni di scene tratte dalle sue commedie.

In una stanza laterale è allestito un teatrino di marionette settecentesco (originale dell’epoca, proveniente da Palazzo Grimani ai Servi), probabilmente come quello che il padre dello scrittore, Giulio, aveva fatto costruire per il divertimento del figlio.

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La terza sala si incentra sulla figura e l’opera di Goldoni nel contesto del Settecento veneziano e vi sono esposti due suoi ritratti: uno realizzato da Alessandro Longhi e un altro anonimo. È possibile inoltre assistere a un filmato sul drammaturgo e la sua città.

Ponte di Rialto

Lasciata la casa museo, è giunto il momento di avviarci verso il Ponte di Rialto, una delle principali attrazioni veneziane, stavolta però guardandolo con gli occhi dello scrittore:

Inoltratevi per le strade di Merceria fino al ponte di Rialto, e camminate sopra pietre quadre di marmo d’Istria leggermente scalpellato per impedire che vi si sdruccioli; percorrete un luogo che rappresenta una fiera perpetua, e arrivate a quel ponte che con un solo arco di ottanta piedi di larghezza attraversa il Canal Grande, assicura con la sua altezza il passaggio alle barche e ai battelli nel tempo del maggior flusso del mare, offre tre differenti vie ai passeggeri, e sostiene sopra la curva ventiquattro botteghe con le rispettive abitazioni e coi loro tetti coperti di piombo. Confesso che questo colpo d’occhio mi parve meraviglioso, né l’ho trovato descritto da nessuno dei viaggiatori che ho letto.

da Carlo Goldoni, Mémoires (1787)

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Statua di Carlo Goldoni

A pochi passi dal Ponte di Rialto, in campo San Bartolomeo (o Bortolomio) si trova una statua di bronzo che ritrae Goldoni: un omaggio da parte della sua città realizzato dallo scultore Andrea Dal Zotto nel 1883.

Monument to Carlo Goldoni (Venice)
Monument to Carlo Goldoni (Venice) su Wikipedia (Licenza CC)

Teatro Goldoni

Quello che oggi porta il nome del nostro scrittore, un tempo si chiamava Teatro San Salvador (poi Teatro San Luca) e qui Goldoni si occupò della stagione teatrale dal 1753 scrivendo tante opere diventate celebri, tra cui la Trilogia della villeggiatura e Il campiello, fino alla sua definitiva partenza per Parigi nel 1761 (la famosa Locandiera invece era stata scritta precedentemente per il Teatro Sant’Angelo).
È il più antico teatro di Venezia ancora esistente (fu edificato nel 1662) ma nei secoli ha mutato aspetto radicalmente: tuttavia resta una splendida struttura da visitare, nella quale assistere a spettacoli teatrali di qualità.
Le visite guidate si svolgono secondo il calendario sul sito ufficiale.

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Teatro Malibran

Resta un po’ fuori mano rispetto al nostro itinerario, ma è uno dei primi teatri per cui Goldoni scrisse opere teatrali, su incarico di Michele Grimani, proprietario del teatro. Era stato costruito nel 1678 nel luogo in cui si trovava la casa di Marco Polo, che era andata distrutta da un incendio. Originariamente si chiamava Teatro San Giovanni Grisostomo ma nel 1835 fu intitolato alla cantante lirica Maria Malibran. Nei secoli ha cambiato volto e destinazione (nel Novecento è stato adibito a sala cinematografica), ma è diventato un teatro strategico quando vi furono trasferiti provvisoriamente tutti gli spettacoli della Fenice, il prestigioso teatro veneziano distrutto da un incendio nel 1994.