Dalla Palermo del principe di Lampedusa alla Donnafugata del principe di Salina: in questa seconda tappa ci spostiamo a Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento.

“Donnafugata come paese è Palma; come palazzo è Santa Margherita.”

Per descrivere Donnafugata, dove nel romanzo si trova la residenza estiva del principe di Salina, Giuseppe Tomasi di Lampedusa aveva preso a modello l’antico feudo che era appartenuto alla sua famiglia, Palma di Montechiaro. È giusto precisare che la Donnafugata del romanzo non ha niente a che vedere con l’omonimo paese in provincia di Ragusa e nemmeno con il suo castello, da molti erroneamente ritenuto il set del film di Luchino Visconti.

Palma di Montechiaro

Palma di Montechiaro era stata fondata nel 1637 da un antenato dello scrittore, Carlo Caro Tomasi, che aveva ricevuto la “licentia populandi” dal re Filippo IV di Spagna. Il fratello Giulio aveva poi ereditato il titolo dando impulso allo sviluppo religioso del paese con la costruzione della Chiesa madre e del Convento delle Benedettine. Il paese era rimasto un possedimento dei Tomasi di Lampedusa per due secoli, fino all’abolizione dei feudi nel 1812, ma ancora oggi vi sono venerati gli antenati di questa famiglia.

Lo scrittore aveva visitato Palma per la prima volta nel 1955 e ne era rimasto fortemente impressionato tanto da voler riprendere in mano il manoscritto che aveva lasciato in sospeso e che diventerà poi Il Gattopardo.

I luoghi principali di Palma che appaiono nel romanzo sono tre. Scopriamoli di seguito.

 La Chiesa madre

Quest’antica chiesa, a cui si accede salendo un’ampia scalinata, è stata fondata nel 1666 e costruita su progetto dell’architetto gesuita Angelo Italia secondo lo stile del barocco siciliano. Qui si reca il Principe di Salina non appena arriva a Donnafugata per assistere, come da tradizione, al Te Deum:

…come voleva un antichissimo uso, gli altri prima di mettere il piede in casa dovevano assistere a un Te Deum alla Chiesa Madre. […] Il duomo era stipato di gente curiosa tra le sue tozze colonne di marmo rosse…

Chiesa Madre - Palma di Montechiaro (da Wikimedia Commons)
Chiesa Madre – Palma di Montechiaro (da Wikimedia Commons)

Il Convento delle Benedettine

Costruito negli anni 1653-1659 inglobando anche il primo palazzo ducale, qui si ritirarono alcuni membri della famiglia Tomasi, tra cui la moglie e le figlie di Giulio Tomasi, tra cui Isabella, nota col nome di Suor Maria Crocefissa della Concezione, ovvero la Beata Corbèra di cui parla lo scrittore nel Gattopardo:

“Abitudini secolari esigevano che il giorno seguente all’arrivo la famiglia Salina andasse al Monastero di Santo Spirito a pregare sulla tomba della beata Corbèra, antenata del Principe, che aveva fondato il convento, lo avea dotato, santamente vi era vissuta e santamente vi era morta.”

Monastero delle Benedettine - Palma di Montechiaro (da Wikimedia Commons)
Monastero delle Benedettine – Palma di Montechiaro (da Wikimedia Commons)

Giuseppe Tomasi accenna anche alla “lettera del diavolo“, una lettera scritta in caratteri incomprensibili custodita nel monastero che si dice sia stata consegnata dal Demonio a Suor Maria Crocefissa per tentarla, e ai mandorlati, dei dolcetti squisiti di cui lo scrittore (così come il Principe di Salina nel romanzo) andava ghiottissimo:

“…gli piacevano i mandorlati che le monache confezionavano su ricette centenarie, gli piaceva ascoltare l’Uffizio nel coro, ed era financo contento di versare a quella comunità una parte non trascurabile del proprio reddito, così come voleva l’atto di fondazione.”

Il monastero è in parte visitabile (la cappella, l’ex refettorio, l’ex stanza della badessa, il chiostro e il giardino), l’ingresso è a pagamento ed è possibile acquistare i tradizionali mandorlati menzionati nel romanzo.

Santa Margherita di Belice

Il palazzo del Principe di Salina del romanzo però non fu modellato sul Palazzo Ducale di Palma di Montechiaro, bensì sul Palazzo Filangeri-Cutò che si trova a Santa Margherita di Belice, in provincia di Agrigento, circa 1 ora e 40 minuti in auto da Palma. Il palazzo apparteneva alla famiglia materna dello scrittore che qui aveva trascorso parte dell’infanzia e a cui era nostalgicamente affezionato.

Palazzo Filangeri Cutò (dal sito parcogattopardo.it)
Palazzo Filangeri Cutò (dal sito parcogattopardo.it)

L’edificio fu distrutto dal terremoto del Belice nel 1968 ma è stato in seguito restaurato e oggi fa parte del Parco Letterario del Gattopardo: al suo interno sono custoditi alcuni oggetti appartenuti allo scrittore come una copia autentica dell’originale manoscritto e del dattiloscritto del romanzo, materiale audiovisivo legato allo scrittore e al film di Visconti e un piccolo museo delle cere che riproduce una scena del suddetto film.

Museo del Gattopardo (dal sito del Comune di Santa Margherita Belice)
Museo del Gattopardo (dal sito del Comune di Santa Margherita Belice)

Sitohttp://www.ilparcogattopardo.it
Indirizzo: Piazza Matteotti, Santa Margherita di Belice
Ingresso: A pagamento (adulti: 4 €)

I set del film

Per il film del 1962, Luchino Visconti scelse il paese di Ciminna (Palermo) per girare le scene degli esterni ambientate a Donnafugata: qui fece costruire la facciata del palazzo dei Salina e girò alcune scene nella Chiesa Madre. Per gli interni del palazzo invece scelse Palazzo Chigi ad Ariccia (Roma).

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