Mi chiamo Italo Calvino. Sono nato a Sanremo. Sono tanto nato a Sanremo che sono nato in America.

A Calvino piaceva giocare con le parole, e così faceva anche coi propri dati biografici, tanto insoliti e bizzarri da vederlo nato a Cuba – e appositamente chiamato Italo – ma da accoglierlo ancora in fasce di nuovo in patria, più precisamente a Sanremo, Riviera ligure di Ponente. Piccola città di una provincia allora ancora molto agricola (basti pensare ai primi articoli di Calvino sul Politecnico di Vittorini, che la racconta come Liguria magra e ossuta), Sanremo era in realtà un centro vivo, frequentato dal turismo internazionale per il suo mare e coinvolto in importanti commerci legati alla floricoltura. A Sanremo si sono delineate moltissime delle esperienze poi diventate centrali nella narrativa di Calvino: dalla partecipazione alla Resistenza, alla predisposizione per il mondo vegetale, alla scoperta del cinema (frequentava il Cinema Centrale, presente ancora oggi in via Matteotti, e caratterizzato da un particolare soffitto a volta che si apriva, per il ricambio dell’aria), fino a incontri d’eccezione, come quello con Eugenio Scalfari che gli fu compagno di banco al Liceo Cassini. Fu proprio Sanremo a sancire quella attitudine dello sguardo così riconoscibile in Calvino. Ecco perché Sanremo merita un piccolo tour alla scoperta di alcuni luoghi e punti di interesse che hanno coinvolto da vicino Italo Calvino, al quale la città ha dedicato una targa, posta in Piazza Nota, e un fondo bibliotecario ricco e pregiato, che si trova alla Biblioteca Civica di via Carli.

Targa commemorativa al “Liceo Cassini”©Alessandra Chiappori

Mario Calvino e la Stazione Sperimentale di Floricoltura

Sanremo era la città del padre, Mario Calvino, noto agronomo impegnato, nei primi anni del Novecento, in importanti progetti di ricerca insieme alla moglie biologa Eva Mameli. A Sanremo infatti fu proprio Calvino senior a dare vita alla Stazione Sperimentale di floricoltura, ente che egli stesso diresse dalla fondazione nel 1925 al 1950 e che passò poi a Eva Mameli. L’abitudine al verde, agli alberi e al mondo vegetale è del resto una costante nell’opera di Calvino, forse per via del lavoro dei genitori, che dalla Stazione di Floricoltura in Corso Inglesi (tuttora vi si trova) arrivava fino a casa, nel ricchissimo giardino di Villa Meridiana. Così racconta l’autore in Eremita a Parigi:

Ho vissuto coi miei genitori a Sanremo fino a vent’anni, in un giardino pieno di piante rare ed esotiche.

La villa, di cui oggi resta solamente un cancello con una targa, viene descritta da Calvino in diverse occasioni. C’è per esempio Un pomeriggio Adamo, dove senza citarlo rende protagonista il giardino rigoglioso di casa propria, e chi se ne occupava, l’allora suo coetaneo e compagno di giochi Libereso Guglielmi, divenuto poi noto botanico e giardiniere. Oggi cancellata da un solettone di cemento di cui si leggono le avvisaglie nella vicenda de La speculazione edilizia, storia ambientata in un luogo anonimo che si intuisce essere la Sanremo degli anni Sessanta in cui Calvino tornava di rado, Villa Meridiana fu per l’autore la prospettiva da cui guardare il mondo.

Villa Meridiana ©Alessandra Chiappori

Salendo a San Giovanni: le due anime di Sanremo

Villa Meridiana si trovava a metà strada tra ciò che più attirava il giovane Calvino, ovvero il brulicante centro cittadino con il porto, le spiagge, il cinema, l’antico quartiere della Pigna, e le prime alture alle spalle di Sanremo, un mondo rurale e agricolo che interessava solo al padre. La posizione della casa permetteva però già al futuro scrittore di scorgere insieme i due universi che in Dall’opaco definirà aprico – soleggiato – e ubagu – ombreggiato. Che la fantasiosa Ombrosa de Il barone rampante, il giardino esotico di Viola e le distese di ulivi intorno alla residenza di Cosimo affondino le radici nel mondo vegetale dell’infanzia dello scrittore è un dato evidente, lo racconta lo stesso Calvino nella prefazione a un’edizione scolastica.

Verso San Giovanni ©Alessandra Chiappori

In un testo autobiografico, La strada di San Giovanni, Calvino narra invece come il padre amasse recarsi la mattina presto in campagna, nel podere che aveva a San Giovanni, in alto sopra Sanremo, distante dal mare e immerso nel primo entroterra coltivato a ulivi e orti. Mario Calvino partiva dalla Villa, seguito a malavoglia dai figli, usciva dal retro della casa, seguiva il cosiddetto beudo, termine dialettale italianizzato che indica il canale di scolo, una realtà di cui è ricca tutta la collina della Liguria di Ponente, tipicamente terrazzata e addomesticata dall’uomo per essere coltivata. Gambe in spalla, passo dopo passo ancora oggi è possibile salire, tra una mulattiera, un giardino e il corso di un beudo, fino alla chiesetta di San Giovanni, a dominare dall’alto la città e, oggi, anche il viadotto autostradale.

Il beudo ©Alessandra Chiappori

La Pigna: l’anima antica di Sanremo

Lo scrittore visse pochi anni a Sanremo, cittadina che lasciò dapprima per gli studi universitari, e poi per il lavoro, trovando un primo luogo ideale di residenza nella Torino di Einaudi, e stabilendosi poi nel corso della vita a Roma e a Parigi.
Nel suo esordio letterario, Il sentiero dei nidi di ragno, protagonista è la Pigna, il quartiere antico di Sanremo, la città vecchia, così chiamata per la somiglianza con la scorza della pigna, un affastellarsi labirintico di carruggi, case addossate l’una sull’altra, persiane verdi, archi, volte tra gli stretti passaggi da un edificio all’altro, dove ogni tanto entra un raggio di sole. Tra i carruggi della Pigna si muove a suo agio Pin, il bambino-adulto dell’esordio letterario di Calvino, quel romanzo neorealista frutto dell’esperienza dello scrittore nella Resistenza.
Alle immediate spalle del salotto buono della città, quella via Matteotti dove sorge l’Ariston, teatro famoso anche oltre i confini italiani, si inerpicano ancora oggi le viuzze in salita che portano alla Pigna, quartiere storicamente difficile oggi riqualificato e interessato da numerose iniziative culturali e festival artistici.

La Pigna ©Wikimedia

La Resistenza nell’entroterra

Territorio spezzettato, percorso da vallate e punteggiato di paesini che si arrampicano su, fino alle prime Alpi Marittime, quello della Liguria di Ponente è storicamente un territorio della Resistenza. Fra le sue alture si mosse la 2° divisione d’assalto Garibaldi “Felice Cascione”, tra le cui fila si arruolò anche Calvino, con il nome di battaglia emblematico Santiago.

La guerra partigiana si svolgeva negli stessi boschi che mio padre m’aveva fatto conoscere fin da ragazzo; approfondii la mia immedesimazione in quel paesaggio, e vi ebbi la prima scoperta del lancinante mondo umano. Da quell’esperienza nacquero, qualche mese dopo, nell’autunno del ’45, i miei primi racconti […] e così prese forma quel mondo poetico dal quale bene o male non mi sono più discostato di molto.

Nell’entroterra boscoso dove si svolgono le vicende di Pin e del battaglione de Il sentiero dei nidi di ragno sono infatti ambientati anche diversi racconti liguri della prima produzione calviniana, raccolti oggi in Ultimo viene il corvo.

Un’idea di paesaggio

«San Remo continua a saltar fuori nei miei libri, nei più vari scorci e prospettive, soprattutto vista dall’alto […] Ogni indagine non può che partire da quel nucleo da cui si sviluppano l’immaginazione, la psicologia, il linguaggio» raccontava Calvino in un’intervista a Maria Corti. Città invisibile tra le tante, Sanremo viene scomposta e ricomposta nelle sue diverse parti da Calvino lungo tutto il corso della sua vita, e della sua multiforme scrittura. Come le pagine di un romanzo, si affiancano immagini, luoghi, suggestioni e forme tipiche del paesaggio della Riviera di Ponente.
Dapprima riconoscibile in scorci, episodi, colori e profumi, e talvolta addirittura personaggi, il profilo di Sanremo si allontana dalla biografia ma resta vivido nel modo in cui Calvino guarda al mondo. La sua città si smaterializza in pulviscolo geometrico per ricomporsi in altri luoghi, tutti somiglianti a quella vista che si apriva da Villa Meridiana: il golfo sul mare davanti, i promontori a sinistra e a destra, Levante e Ponente, il nastro della strada, l’unica possibile, l’Aurelia, e quello della ferrovia oggi spostata a monte. Intorno, il verde delle agavi, l’argento degli ulivi sulle colline terrazzate. Dietro resta il bosco, l’umido vegetale da cui contemplare il sole sul mare. Un paesaggio inconfondibile, magnificamente descritto in La strada di San Giovanni e in Dall’opaco, dove prende forma come un’impronta, ancora oggi visibile affacciandosi da un’altura nei dintorni di Sanremo. È la forma originaria del mondo secondo lo sguardo unico di Calvino, la sua bussola per orientarsi una volta lasciata Sanremo, una sorta di mappa interiore: «il luogo geometrico dell’io».
Ecco così spiegato quanto rivelato a Carlo Bo dallo stesso scrittore: «I liguri sono di due categorie: quelli attaccati ai propri luoghi come patelle allo scoglio; e quelli che per casa hanno il mondo e dovunque siano si trovano a casa loro. Ma anche i secondi, e io sono dei secondi, tornano regolarmente a casa, restano attaccati al loro paese non meno dei primi».

Sanremo ©Wikimedia