Fermi tutti! Prima di continuare la lettura è bene specificare che i seguenti consigli musicali riguardano un viaggio nella Tokyo nostalgica e retrò, quella d’epoca Shōwa (1926-1989). Niente musica post-anni ’90 del tipo J-Rock o J-Pop. Niente Dir en grey, Gackt, Arashi, AKB48, Morning Musume, SMAP, KAT-TUN e  compagnia bella, per intenderci.

Il viaggio musicale che stiamo per fare tenta di ricreare in particolare quell’atmosfera del dopoguerra, quando il Giappone visse la sua ripresa economica e vide, dopo gli anni bui della censura bellica, un rifiorire di espressioni artistiche in ogni campo: non solo musica, ma anche design, animazione, cinema, letteratura, architettura…
Il benessere economico e la conseguente rapida diffusione dei mass media dettero l’impulso alla creazione di una cultura popolare e di massa. Sono anni che visivamente possono essere rappresentati dalla Tokyo Tower, costruita nel 1958 e simbolo della ripresa economica del Giappone, dalle atmosfere di anime come Astroboy (anni ’60), Doraemon (anni ’70) e Maison Ikkoku (anni ’80), dai volti patinati nei manifesti pubblicitari, dalle insegne colorate e illuminate nelle piccole strade commerciali, dai paesaggi urbani dei film di Oshima e dell’ultimo Ozu

Showa di eejyanaika1980, su Flickr
Showa di eejyanaika1980, su Flickr

Ma tornando alla musica, quale se non l’enka, ha assorbito di più l’atmosfera di quegli anni?
L’enka è un genere musicale popolare che, nato già nel periodo prebellico (epoche Meiji-Taishō), ha avuto massimo successo a partire dalla fine degli anni Sessanta, diventando “Enka moderno”. I temi principali sono l’amore, la solitudine, la lontananza dal paese natale, le difficoltà della vita, etc. Ha un carattere melodrammatico, legato al genere tradizionale del rōkyoku (lunghe canzoni narrative accompagnate da shamisen) nel primo periodo, influenzato dal rockabilly americano a partire dagli anni ’60.
Alla sua grande popolarità ha contribuito non solo la diffusione del televisore, ma anche la trasmissione Kōhaku Uta Gassen, una sorta di Festival di Sanremo, trasmesso la notte di Capodanno sulla NHK, la principale rete televisiva pubblica giapponese.
È ovvio quindi che nel rievocare l’atmosfera del Giappone postbellico, l’enka la faccia da padrone.

Enka di timtak, su Flickr
Enka di timtak, su Flickr

1) Otomi-san di Hachirō Kasuga

Otomi-san (“Signorina Otomi”) esce nel 1954 interpretata da Hachirō Kasuga. La storia non è niente di sensazionale. Si basa su un’opera teatrale kabuki, dove una ragazza diviene la concubina di un ricco mercante. Il suo precedente fidanzato un giorno si presenta alla casa del mercante e cerca di estorcerle denaro senza sapere che è la sua vecchia fidanzata.
Questa canzone suona molto giapponese: è composta su una scala tipica della musica tradizionale giapponese, una pentatonica maggiore senza il quarto e il settimo tono.

2) Sukiyaki di Kyu Sakamoto

Sukiyaki (nome di un piatto tipico della cucina giapponese), conosciuta anche come Ue wo muite arukō (“Camminerò guardando in alto”), fu interpretata per la prima volta da Kyu Sakamoto nel 1963. Ancora una volta è composta su una scala pentatonica maggiore, che dà un’atmosfera di Giappone tradizionale, tuttavia lo stile canoro di Kyu Sakamoto si ispira al rockabilly americano, che con il suo più famoso rappresentante, Elvis Presley, ebbe grandissimo successo in Giappone alla fine degli anni Cinquanta. La canzone si focalizza sui sentimenti del protagonista, un uomo che, ripensando al passato, cammina guardando in alto e fischiettando, cosicché non possano scendergli le lacrime dagli occhi. Le parole sono generiche, possono riferirsi ad una qualsiasi storia d‘amore perduto, ma l’autore del testo la scrisse ritornando da una manifestazione politica (in occasione del Trattato di Mutua Cooperazione e Sicurezza tra USA e Giappone), sentendosi scoraggiato dal fallimento del movimento di protesta.
La canzone uscì addirittura nei paesi anglofoni, con il titolo A Taste of Honey, dove pare abbia raggiunto nel 1963 la prima posizione nella classifica di vendite Biliboard per una settimana.

3) Tetsuwan Atomu

Tetsuwan Atomu (tradotto in Italia come “Astro Boy”) è un anime tratto dall’omonimo manga di Osamu Tezuka pubblicato nel 1952. Il cartone animato, così come il personaggio di Astro Boy, è uno dei più amati e conosciuti in tutto il Giappone (e non solo). La prima versione animata uscì nel 1963, con una sigla divenuta famosissima, composta da Tatsuo Takai e scritta da Tanikawa Shuntarō.
La storia del manga, e successivamente dell’anime, parla di un bambino robot, Astro Boy, creato dal dottor Tenma a immagine e somiglianza del proprio figlio Tobio, morto in un incidente stradale, che difende la Terra dalle minacce aliene e combatte contro crimini e ingiustizie.
La sigla è così popolare che a Tokyo nella stazione JR di Takadanobaba viene usato questo motivetto come segnale quando il treno è in partenza. Perché proprio Takadanobaba? Perché è qui che, secondo la storia, Astro Boy nasce il 7 aprile 2003.

4) Tsugaru Kaikyō Fuyu-geshiki di Sayuri Ishikawa

Il periodo tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80 è considerato l’età d’oro della musica enka.
Ed è in questo periodo che esce la malinconica Tsugaru Kaikyō Fuyu-geshiki (Panorama invernale sullo stretto di Tsugaru, che separa l’isola Honshū dall’Hokkaidō). Interpretata da Sayuri Ishikawa nel 1977, ebbe subito grande successo.


5) Kawa no nagare no you ni di Hibari Misora

Considerata la canzone popolare più amata dai giapponesi, Kawa no nagare no you ni (“Come lo scorrere del fiume”) venne cantata per la prima volta nel 1989 da Hibari Misora, amatissima cantante di enka che morì lo stesso anno. Fu dunque la sua ultima, appassionata e malinconica interpretazione. Siamo proprio alla fine dell’epoca Shōwa, che terminerà nel 1989.

Per concludere…

5 canzoni sono veramente poche anche per fare un sunto del panorama musicale del dopoguerra. Questo è solo un piccolo assaggio, magari da ascoltare associato alla visita di zone di Tokyo che conservano ancora un po’ quell’atmosfera malinconica e retrò: una tranquilla passeggiata per le strade di quella zona detta “YANESEN” (谷根千), dalle iniziali dei quartieri Yanaka 谷中 (nel distretto di Taitō), Nezu 根 津 e Sendagi 千駄木 (nel distretto di Bunkyō), che ancora serba gelosamente il ricordo di un nostalgico passato.
Raggiungete il Nezu-jinja, tempio shintoista frequentato anche da letterati in cerca di ispirazione come Mori Ōgai e Natsume Sōseki, passeggiate nel quieto cimitero di Yanaka, popolato da numerosi mici che sgaiattolano tra le tombe, sgranocchiate un taiyaki, tipico dolcetto a forma di pesce ripieno di dolcissima marmellata di fagioli rossi (ankō), osservate il fascino delle vecchie case giapponesi di legno, delle piccole e improvvise strade in salita, dei nascosti angoli di tranquilla quotidianità, ormai perduti in numerosi quartieri di Tokyo, spersonalizzati e mangiati da vetro e cemento.

Japanese Cemetery is a cats' garden di eesti, su Flickr
Japanese Cemetery is a cats’ garden di eesti, su Flickr