Inauguriamo con questo articolo una nuova rubrica dedicata ai “luoghi scomparsi”, ovvero tutti quei luoghi significativi che in passato sono stati legati a scrittori e opere letterarie ma che oggi non esistono più.

È il caso del Gran Caffè Doney, un locale che sin dall’Ottocento era stato un celebre punto di ritrovo nel centro di Firenze in quella che all’epoca era via dei Legnaiuoli, oggi via dei Tornabuoni.

Caffè Doney nell'Ottocento. Fonte: Spignoli Teresa, "Caffè letterari a Firenze", Firenze, Edizioni Polistampa, 2009, p.94.
Caffè Doney nell’Ottocento. Fonte: Spignoli Teresa, “Caffè letterari a Firenze”, Firenze, Edizioni Polistampa, 2009, p.94.

Aperto al piano terreno del Palazzo Altoviti-Sangalletti il 31 maggio 1827 da Gasparo Doney, un ufficiale francese caduto in disgrazia dopo la disfatta di Napoleone, diviene ben presto un punto di ritrovo per l’alta società fiorentina e per gli stranieri in visita a Firenze. Gli ambienti del Doney erano eleganti e ariosi, con soffitti a volta decorati con stucchi e fregi d’oro, sostenuti da quattro colonne da cui deriva il nome “Caffè delle Colonne” con cui spesso veniva chiamato.

Grazie alla vicinanza con il Gabinetto scientifico letterario aperto da Giovan Pietro Vieusseux nel 1819, il Caffè Doney era frequentato da illustri intellettuali e letterati che spesso si trasferivano nel locale per trascorrere la serata. Ma la clientela era molto variegata, a partire dalla comunità inglese residente a Firenze, vista la vicinanza del Consolato inglese sul Lungarno Corsini, tra cui coloro che manifestarono nel 1935 contro la spedizione di Mussolini in Etiopia.

Numerosi sono stati nel corso degli anni gli avventori famosi legati al mondo letterario: Giosuè Carducci vi si fermava durante il periodo in cui soggiornava in città, mentre Giovanni Verga lo frequentava durante i suoi anni fiorentini: qui, nel locale che citerà anche nel suo romanzo Eros, andava a fare colazione con caffè e latte, come testimoniato dalle lettere scritte alla madre. Alla fine degli anni Sessanta al Caffè Doney si incontrava il gruppo degli ermetici fiorentini: Piero Bigongiari, Oreste Macrì, Gaetano Chiappini, Giorgio Chiarini; la scrittrice britannica Violet Trefusis vi si è fermata a parlare con Mussolini nel 1937 e Théophile Gautier, anch’esso frequentatore del locale, lo cita nel racconto breve Avatar quando descrive la visita a Firenze del protagonista Octave de Saville che al Doney si ferma a fare colazione.
Herman Melville, che alloggiava nell’adiacente Hotel du Nord (presso Palazzo Bartolini Salimbeni), vi si recava spesso a fare colazione, citandolo nel suo diario italiano:

 28 marzo, sabato. […] Dopo la colazione al caffè Doney ho sbrigato alcuni affari e poi sono andato alla Galleria degli Uffizi per un’ultima visita…

Palazzo Altoviti-Sangalletti, dove si trovava il Caffè Doney. Fonte: Wikimedia Commons
Palazzo Altoviti-Sangalletti, dove si trovava il Caffè Doney. Fonte: Wikimedia Commons

Il Caffè Doney purtroppo è stato chiuso nel 1986 per far posto all’ennesimo negozio di lusso che popola via Tornabuoni, condividendo la sorte di altri negozi storici della zona come la libreria antiquaria Caldini, l’antica Farmacia Roberts e la libreria internazionale Seeber, la cui scomparsa ha cancellato l’affascinante passato di questa via.

Fonti:
– Spignoli Teresa, Caffè letterari a Firenze, Firenze, Edizioni Polistampa, 2009;
– Melville Herman, Diario italiano, Roma, Robin Edizioni, 2002;
Tornabuoniclass.com.