Quando si aprono le porte dell’autobus, scendendo alla fermata di Bellaghy, arriva subito una zaffata pungente, l’inconfondibile odore di campi concimati.
Il paese, una manciata di casette attorno a un’unica strada principale, è scandito dal ritmo rilassato della vita di campagna.
Tra i bassi caseggiati, salta subito all’occhio il nuovo arrivato: il Seamus Heaney HomePlace, un museo dedicato al poeta, inaugurato nel 2016.

Pulito, geometrico, in perfetto stile scandinavo, con assi di legno a vista e una superficie aggettante a vetri da cui si scorge un bel panorama sulla campagna intorno, l’edificio è nato dalla riconversione di una vecchia stazione di polizia del Royal Ulster Constabulary (la controversa polizia britannica, tra i protagonisti dei Troubles, il conflitto nordirlandese).

Lo ammetto. Non conoscevo l’opera di Seamus Heaney prima di mettere piede a Bellaghy.
Come spesso mi accade, il museo letterario è un pretesto per conoscere qualcosa di nuovo. E anche stavolta non ha deluso le aspettative.

Chi era Seamus Heaney?

Premio Nobel per la letteratura nel 1995, nella sua poesia, intrisa di vita agreste e immagini del quotidiano, non trascura l’impegno politico, con particolare attenzione alla questione irlandese e al potere salvifico della memoria collettiva. Una costante: l’inscindibile legame con la sua terra natale.

Heaney era nato a Mossbawn, una fattoria tra Castledawson e Toomebridge, pochi chilometri da Bellaghy, dove la famiglia si era trasferita qualche anno dopo. Qui aveva trascorso l’infanzia, prima di vincere una borsa di studio per andare a studiare nella vicina Derry: cresciuto in una famiglia di contadini di modeste condizioni economiche, quando vinse la borsa di studio per il St. Columb’s College, i suoi gli regalarono una penna elegante e decisamente fuori dal loro standard, per quel figlio che aveva raggiunto un traguardo così importante. Penna simbolo di un’emancipazione sociale, si trova ora esposta in una teca all’ingresso del museo. Sessant’anni dopo averla ricevuta, il poeta le dedicò la lirica The Conway Stewart (dal nome della marca della penna) dove, ricollegandosi ai versi della sua più nota Digging, celebra questo strumento col quale, come una vanga, scava alla ricerca della poesia e della verità.

Il museo

Subito all’entrata risalta l’enorme volto di Heaney in età adulta, marcato da uno sguardo sereno e profondo, mentre sullo sfondo, in un contrasto che risalta le affinità, si accosta il volto dello stesso poeta, da bambino.

Da qui inizia il viaggio nella poesia di Heaney: al piano terra si parla principalmente della sua famiglia, protagonisti e ispirazione delle sue opere. Ci si aggira tra foto, pannelli e schermi da cui è possibile ascoltare le poesie lette proprio da Heaney, come nessun altro avrebbe potuto interpretarle: una voce calda e profonda (vagamente richiama quella di Johnny Cash) che trasmette emozione anche quando sfugge il significato di un verso o di una parola.

Pochi gli oggetti originali – del resto hanno un’importanza relativa – ma intrisi di significato: oltre alla già menzionata penna, un cappotto, una valigia e il suo banco di scuola.
Aggirandosi nella grande sala, colpisce la grande mappa della terra che fu d’ispirazione per il poeta, attorno a Bellaghy e al Lough Beg, con alcuni tasselli indicanti i luoghi riconducibili alle sue poesie.

Su alcuni schermi si possono vedere video con personaggi, più o meno noti (dagli studenti locali si passa a Bono, Bill Clinton e Carlo d’Inghilterra), che raccontano brevemente cosa ha significato per loro la poesia di Heaney, mentre sulle pareti in fondo, ad accompagnare come un fil rouge l’esposizione, una linea cronologica riassume i momenti salienti della sua vita.

Al piano superiore, invece, ci si addentra nei meccanismi del processo creativo: la poesia come “gioco” tra parole e gli oggetti come scintille che accendono l’ispirazione poetica. Uno spazio è dedicato a immagini e ricostruzioni di oggetti che hanno suggerito a Heaney una lirica o un verso; poi si trova un pannello che riassume la sua produzione e le traduzioni delle sue opere.

Un piccolo angolo, inoltre, ricrea – seppur vagamente – il suo studio, dove non a caso sono state esposte alcune bozze, ossia le fasi della stesura del suo componimento The Harvest Bow, per far capire il processo di elaborazione e riscrittura alla base della sua poesia.

A chiudere tutto, uno spazio per le attività rivolte a bambini e ragazzi, una piccola biblioteca con libri specializzati e l’immancabile caffetteria, punto di ritrovo per la comunità locale e non solo per i visitatori del museo.

Dopo la visita al museo forse la figura di Heaney vi sarà diventata così cara e familiare da voler raggiungere, a soli 10 minuti a piedi, la tomba dove riposano i suoi resti mortali, nel piccolo cimitero all’ombra della St. Mary’s Church. E anche lì, su quella semplice e nuda pietra, le sue parole, scolpite sulla lapide, continuano a parlarci ancora:

Walk on air
against
your better
judgement

Versi che ci esortano a “camminare sull’aria”, a staccare i piedi da terra, anche contro un proprio freno interiore che pretende di definirsi “giudizio”, o “buonsenso”. E a credere nella poesia del quotidiano, con la leggerezza e l’evanescenza delle nuvole, contro la frigidità di chi vuole riportare tutto alla presunta concretezza del reale. Vedere oltre, anche quando chi ci circonda non capisce, o crede che vada contro il raziocinio.
Quindi, sì, camminiamo sull’aria, contro ogni buonsenso.

Come arrivare: se avete la macchina, raggiungerete Bellaghy facilmente passando da Castledawson (se arrivate da sud) o Ballymena (se arrivate da nord), attraversando il verde ma forse un po’ monotono entroterra della contea di Londonderry. Con i mezzi di trasporto pubblico invece sarà più avventuroso ma non affatto difficile: si prende l’autobus da Belfast (o da Derry) con cambio a Castledawson o Ballymena, per un viaggio di 1 ora e 30/ 2 ore a seconda della tratta.